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Sirventese pedemontana

 

Un araldo a tutta corsa

è arrivato a Piedimonte.

Il destrier stringe alla morsa,

ratto passa sovra il ponte.

 

Una lettera egli porge

a Onorato Gaetani.

Dee trattarsi, ognun s’accorge,

di messaggi gravi o strani:

 

– Di Sicilia nel reame

si ribellano i signori;

già nascosti, dal velame

di congiura vengon fuori.

 

Ferdinando d’Aragona,

grazïoso nostro Re,

conta sulla tua persona,

sulla tua giurata fé.

 

Del fellon conte di Sessa,

in Alife rifugiato,

sia la rabbia sottomessa,

ed il covo incendiato.

 

– Suona, alfier, suona la tromba,

chiama fanti e cavalieri! –

Cinque volte in ciel rimbomba

squillo e rullo degli alfieri.

 

Al castello già s’ammassa

la milizia feudale,

che di numero non passa,

ma di forza assai più vale

 

della truppa del Marzano

in Alife rifugiato.

Il signor mira dal vano

d’un balcon, nello schierato

 

dei suoi paggi, e fra i più belli,

il più ardito e valoroso

vede, Jacopo Clarelli

solitario e pensieroso.

 

Dà la mano sulla fronte,

e ricorda il buon signore

ch’ei le nozze aveva pronte,

che in Alife egli ha il suo amore.

 

È Violante degli Alferi

dai capelli d’oro fino,

con due occhi azzurri e alteri,

con le labbra di rubino.

 

A una fata rassomiglia,

in un nordico paese,

d’un sovran pare la figlia:

chi guardò, di lei s’accese…

 

Sotto un sole sfolgorante

va la fiera cavalcata,

ma Clarelli è dolorante,

ed ha l’alma lacerata.

 

Per la via il cor gli trema,

va, pensando a che avverrò,

e d’orror sembra che frema,

che il suo agir gli par viltà…

 

Di lontan vede le mura,

maestose nella mole,

e vorrìa che più che dura

pietra fossero, e si duole

 

che s’accosta da nemico,

da spietato assalitore,

dove come lieto amico,

presentavasi al suo amore…

 

Ma dai sogni lo ridesta

or terribile un urlio.

Corre anch’egli, a lancia in resta,

con ansioso fier desio,

 

fra cavalli scalpitanti,

nella polvere che acceca,

dove uomini lottanti

si colpiscono alla cieca…

 

Urli, colpi, polve, sangue,

fiera ridda è sulle porte…

A Clarelli come un angue

or s’afferra, e lotta a morte,

 

un nemico coraggioso…

Avvinghiati, petto a petto,

col respiro faticoso,

ciascun tenta un colpo netto…

 

Ma Clarelli, col pugnale,

nel legam della gorgiera,

slaccia l’elmo al suo rivale

che gli mostra, dura e fiera,

 

alterata e sanguinante,

la sua faccia… Qual visione!

è il fratello di Violante

il rival nella tenzone!

 

Per un attimo l’amante

resta fermo e assai stupito,

l’altro un ferro luccicante

spinge e preme… Già colpito,

 

cade al suol lo sventurato,

caccia sangue dalla gola…

L’altro oppresso e insanguinato,

dal fragor lesto s’invola.

 

Va, non sai, o sciagurato,

che facesti! Tua sorella

che dirà se hai troncato

la speranza sua più bella?…

 

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